SENTIRE LA MUSICA DEL VANGELO

Dischi e cuffie

da Keith E. Johnson


Immagina di trovarti in una grande casa in cui convivono persone udenti e non udenti. In una delle stanze c’è un ragazzo seduto ad ascoltare musica dal suo iPod che batte il piede a tempo, batte la mano sulla coscia come per suonare la batteria e muove la testa seguendo il ritmo, arricciando le labbra come farebbe Mick Jagger. Il suo intero corpo si muove in risposta a ciò che le sue orecchie stanno sentendo. È evidente che si sta divertendo, che sta ascoltando una brano musicale che gli piace.

Pochi minuti dopo, una delle persone sorde entra nella stanza. Vedendo il giovane che ascolta la musica e impersona Mick Jagger gli viene da pensare: “Sembra divertente. Voglio provare a farlo anche io.” Perciò gli si siede accanto e inizia ad imitarlo. In modo goffo inizia a battere sulla coscia e a muovere la testa, ondeggiando a tempo di musica come il ragazzo con l’iPod. Dopo qualche tentativo, inizia a sincronizzare i suoi movimenti. Osservando e provando inizia a riprodurre piuttosto fedelmente le azioni del giovane però, benché riesca a migliorare nella tenuta del tempo, si rende conto che non è una cosa così divertente e facile come sembrava all’inizio (specialmente muovere la testa, azione molto complicata da eseguire se non si sta ascoltando alcun suono).

A un certo punto una terza persona entra nella stanza e si trova davanti questa scena. Cosa vede? Due persone che sembrano fare la stessa cosa, che sembrano sentire la stessa cosa. Ma c’è differenza tra loro. Assolutamente sì. Il primo giovane sente la musica e le sue azioni sono una risposta naturale al ritmo e alla melodia. Il secondo sta semplicemente imitando le azioni del primo. Essendo sordo, non è in grado di sentire nulla.

In questa scena troviamo un parallelo spirituale importante. La danza (azione rivolta verso l’esterno) rappresenta la vita cristiana, mentre la musica rappresenta la grazia del Vangelo. Anche se abbiamo conosciuto Cristo tramite la grazia, spesso siamo come l’uomo non udente della nostra storia, che tenta di danzare senza sentire la musica. La nostra vita spirituale si riduce ad una serie di passi di danza, cioè comportamenti ed azioni esteriori, privi della potenza vivificante di Dio che ci trasforma. Il desiderio di Dio non è quello di farci danzare, ma di farci sentire la musica del Vangelo, da cui la danza (cioè le azioni, le caratteristiche e i comportamenti secondo Dio) fluirà istintivamente.

Il termine Vangelo significa letteralmente “buona notizia”. Nel Nuovo Testamento, il Vangelo racchiude non solo il perdono dei peccati, ma anche tutto ciò che Dio ha fatto per noi in Cristo (adozione, riconciliazione, giustificazione e così via). In questo articolo è contenuta una breve riflessione su come sintonizzarci sulla musica del Vangelo, come sentirne il ritmo leggendo le Scritture.

Comprendere l’obiettivo di redenzione delle Scritture

Tutti noi abbiamo la tendenza a recitare, cioè ad agire nel modo che ci si aspetta da noi, per poter ricevere quell’approvazione che tanto desideriamo. Inoltre, forse a causa dei tanti anni di scuola, crediamo che ciò che davvero importa nella vita non è il processo di crescita o di apprendimento, ma i voti che prendiamo, quanto superiamo bene un esame, quanto e cosa produciamo. Qualunque sia il bagaglio, da qualunque luogo provenga, resta il fatto che c’è. Questo ci porta a guardare la Bibbia e a non vedere nient’altro che una raccolta di direttive etiche che ci danno istruzioni su come vivere. Ma leggere le Scritture in questo modo equivale a ridurle a dei passi di danza, a ciò che si deve o non si deve fare nella vita cristiana, perdendone completamente la melodia. Per sentire la musica del Vangelo, dobbiamo capire in che modo Dio vuole che la Sua Parola agisca nelle nostre vite.

L’autore della Lettera agli Ebrei ci dà una spinta nella giusta direzione. Nel capitolo 4 sprona i lettori a non indurire il loro cuore, perdendo in tal modo tutto ciò che Dio ha fatto per noi in Cristo (Ebrei 4:1-11). Egli conclude con la seguente affermazione:

“Infatti la parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l’anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore. E non v’è nessuna creatura che possa nascondersi davanti a Lui; ma tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di Colui al quale dobbiamo render conto” (versetti 12-13).

Notiamo in che modo l’autore descrive il ruolo delle Scritture nella nostra vita, le paragona ad una spada affilatissima, un’arma capace di tagliare fin nei più profondi recessi dell’anima. Di conseguenza tutti noi siamo “nudi e scoperti” davanti a Dio. L’autore vuole mostrarci che la Scrittura è ideata, innanzitutto, per portare allo scoperto la condizione di peccato in cui versa il nostro cuore, e non vuole semplicemente prescrivere dei comportamenti.

Diversi anni fa trascorsi una settimana molto stressante prima di condurre una grande conferenza. Mi ritrovai a chiedere spesso perdono a mia moglie per averla trattata con durezza, ma nel profondo della mia mente ero convinto che tale comportamento dipendesse dalle circostanze del momento. Dicevo a me stesso: “Se la mia vita non fosse così stressante, non tratterei gli altri così rudemente.”

La domenica successiva, il nostro pastore commentò il brano di Deuteronomio 8, che parla di come Dio mette alla prova i nostri cuori per rivelare ciò che contengono. Fu come se lo Spirito di Dio mi parlasse dicendo: “Il tuo problema non riguarda le circostanze. Le circostante hanno solo tirato fuori ciò che già era nel tuo cuore.” È esattamente questo lo scopo delle Scritture, cioè tirare fuori la nostra miseria interiore che necessita dell’opera e della persona di Cristo.

Mi rendo conto che quanto ho detto finora sulle Scritture non è molto “allegro”, né qualcosa per cui ci si metterebbe a ballare (non c’è niente di meglio che sentire quanto siamo meschini e indegni per mettersi a saltellare qua e là!). Ma la coreografia della grazia non è qualcosa a cui si possa accedere direttamente. Bisogna prima imparare i passi dell’avvilimento e del pentimento. Coloro che cercano di muoversi direttamente sui toni alti, eliminando quelli bassi, ottengono solo di distruggere interamente il suono.

Per grazia, le Scritture non ci lasciano nei toni bassi, cioè essere nudi ed esposti nel nostro peccato. Guardiamo, infatti, come continua l’autore della Lettera agli Ebrei:

Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché Egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno” (Ebrei 4:14-16).

L’autore non ci indirizza verso un programma di modifica comportamentale, ma verso una persona. Il rimedio per il nostro avvilimento non si trova in una serie di passi di danza correttivi, ma in Cristo.

La gran parte degli studiosi del Nuovo Testamento ritiene che i destinatari originali della Lettera agli Ebrei fossero ebrei cristiani (da cui il nome del libro). Molti di loro erano stati perseguitati a causa della loro fede e alcuni erano stati tentati di abbandonare Cristo. In tale contesto, l’autore dipinge un ritratto di Cristo come di una persona totalmente in grado di comprendere il problema del lettore perché, nella Sua natura umana, anche Lui ha vissuto la stessa tentazione. Attraverso questo e altri ritratti di Cristo, l’autore cerca di toccare i cuori dei lettori con l’amore e la bellezza di Gesù.

Questo fatto sottolinea il secondo ruolo delle Scritture: indirizzare i nostri cuori verso il Salvatore. Di solito tendiamo a limitare questa dimensione delle Scritture a coloro che sono al di fuori della fede cristiana e supponiamo che il ruolo primario delle Scritture sia di indirizzare il cuore della persona non credente verso Cristo. Spesso non riconosciamo che anche i nostri cuori hanno costantemente bisogno di essere rivolti verso Cristo.

Intendo dire questo, che se devi spiegare il Vangelo ad una persona non cristiana, ad esempio uno che impreca e bestemmia molto, la prima cosa che fai è portarlo a riconoscere il proprio peccato (tra cui il parlare profano) e il bisogno di perdono. Se questa persona riconosce queste cose, allora lo porti a rivolgersi a Cristo per ottenere perdono, accettazione e grazia. Ma cosa accade quando siamo noi cristiani ad avere il problema delle imprecazioni? Ci diciamo a vicenda che bisogna smettere di imprecare. Oppure lo diciamo a noi stessi. E quando andiamo a leggere le Scritture ci sembra di leggere tra le righe: “Smetti di imprecare! I cristiani non fanno queste cose!” Cosa ne abbiamo fatto del vangelo? Come ha fatto il nostro cammino dinamico con Cristo a diventare la “regola cristiana numero 101”?

Oppure, possiamo ritrovarci a dire ad una donna non cristiana mentre condividiamo il Vangelo con lei che fino ad ora ha ingannato se stessa rivolgendosi a cose diverse da Dio (come il successo, la droga, il sesso, l’approvazione degli altri e così via) per soddisfare i propri bisogni e far funzionare la propria vita. Ma come credenti, non siamo anche noi tentati di orientare le nostre vite su cose diverse da Cristo? Non cerchiamo spesso di vivere senza il Suo controllo, la Sua approvazione e la Sua influenza? Anche noi abbiamo costantemente bisogno di essere riportati ad orientarci verso Cristo, l’unico nel quale possiamo trovare la vita. Continuiamo ad aver bisogno di sentire la musica del Vangelo e non di cercare di sopraffarla.

Da Genesi all’Apocalisse, la Scrittura ha due scopi: (1) esporre la nostra misera condizione e (2) guidarci verso il Salvatore. Questo è il Vangelo. Ma ora analizziamo ognuno di questi punti nel dettaglio.

Scarica il PDF per leggere il resto dell'articolo…


⪻ SCARICA IL PDF ⪼


ALTRE RISORSE SIMILI